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Meskerem, rifugiata dall'Eritrea
Mi chiamo Meskerem e vengo dall’Eritrea. Ero quindicenne quando sono uscita dal mio paese insieme a mia sorella di 23 anni, che era stata chiamata per il servizio militare. Abbiamo raggiunto il Sudan e da lì, attraversando il Sahara, con un pick-up, ci siamo diretti in Libia. Ma lì ci hanno fermato. Abbiamo cominciato a lavorare per sopravvivere, trattate da schiave, ma un giorno mia sorella non è più tornata. Sono fuggita unendomi ad altri eritrei per raggiungere l’Europa. In un capannone, dove eravamo stipati, ho subito violenze di tutti i tipi. Poi ho incontrato Suleiman, il mio futuro marito. Una volta siamo riusciti ad imbarcarci, ma dopo 11 ore di mare è arrivata una barca della guardia costiera libica e ci ha riportato indietro. Lì, a Tripoli, è nata la mia prima figlia. Avevo perso la speranza quando mi è giunta una telefonata dall’Italia: ero stata inserita nei Corridoi Umanitari. È stato come un angelo a portarmi via, dopo dieci anni, da quell’inferno che si chiama Libia. Ora sono nuovamente incinta. Felice, qui in Italia, perché so che i miei figli non vivranno ciò che io ho vissuto.

Alì, Gaza
Diciotto anni e una vita davanti. Alì (nome di fantasia) stava già pensando a quale facoltà potersi iscrivere il prossimo anno per frequentare l’università a Gaza. All’improvviso il buio: il palazzo in cui abita colpito da una bomba, il futuro che viene cancellato insieme a quasi tutta la sua famiglia. Sotto le macerie vengono ritrovati 25 suoi parenti, compresi i genitori. Lui sopravvive miracolosamente, ma ha la spina dorsale compromessa. Unica speranza: uscire da Gaza per curarsi. L’appello viene accolto dalla Farnesina che gli consente di giungere a Roma, dove viene affidato al San Camillo per gli interventi sanitari e alla Comunità di Sant’Egidio per tutto il resto. Una nuova vita ricomincia, a fatica, ma ricomincia, nonostante tutto.

Zohra, rifugiata dall'Afghanistan
“Lasciare la mia famiglia a 17 anni è stata una sofferenza. Ma io volevo un futuro. E con l’arrivo dei Talebani a Kabul, per una ragazza non c’era scelta”. Così Zohra racconta la sua fuga in Pakistan. “A Islamabad ci sono migliaia di afghani, senza lavoro, soldi, scuola. Aspettano. Ho sentito parlare di un’associazione chiamata Sant’Egidio che proponeva i corridoi umanitari. Tra i rifugiati ogni notizia è un appiglio per guardare al domani. Ho cominciato a stare meglio, ad aspettare e a sperare di nuovo”. L’attesa è finita il 27 luglio 2022, quando è arrivata legalmente in Italia con un aereo, grazie ai corridoi umanitari. Ha imparato facilmente l’italiano e adesso frequenta l’università.

Mahfoud, rifugiato dalla Siria
Dopo 13 anni di guerra, cosa resta della Siria? Secondo l’Onu 500mila vittime, 12 milioni di profughi e 6 milioni di sfollati interni. Insieme alle macerie di tante città, dove prima si coabitava tra cristiani e musulmani, come Aleppo. Moltissimi i rifugiati in Libano, Giordania, Turchia e diversi paesi europei. Come Mahfoud, originario di Maharda, 23mila abitanti, vicino a Idlib, fuggito in Libano dopo che un razzo aveva centrato il suo negozio. “A Beirut ero completamente solo, non avevo voglia di parlare fino a quando ho saputo dei corridoi umanitari”. “A Roma – racconta a tutti con orgoglio - ho trovato lavoro e mi sono sposato. Ora anch’io sono un volontario: aiutare chi è in difficoltà, come sono stato io, mi fa stare bene”.

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Meskerem, refugee from Eritrea
My name is Meskerem and I am from Eritrea. I was 15 years old when I left my country with my 23-year-old sister, who had been called for military service. We reached Sudan and from there, crossing the Sahara by pickup truck to Libya. But there they stopped us. We started working to survive, treated as slaves, but one day my sister never came back. There, in Tripoli, my first daughter was born. I had lost hope when I got a phone call from Italy: I had been placed in the Humanitarian Corridors. It was like an angel to take me away, after ten years, from that hell called Libya. Now I am pregnant again. I am happy, here in Italy, because I know that my children will not experience what I experienced.

Ali, Gaza
Eighteen years old and a life ahead. Ali (fictitious name) was already thinking about which faculty he could enroll in next year to attend university in Gaza. Suddenly darkness: the building where he lives hit by a bomb, his future being erased along with most of his family. Twenty-five of his relatives, including his parents, are found under the rubble. He miraculously survived, but his spine is compromised. His only hope: to get out of Gaza for treatment. The appeal is accepted by the Farnesina, which allows him to arrive in Rome, where he is entrusted to San Camillo for medical interventions and to the Community of Sant'Egidio for everything else. A new life starts again, with difficulty, but it starts again, in spite of everything.

Zohra, refugee from Afghanistan
"Leaving my family at 17 was a heartbreak. But I wanted a future. And with the Taliban coming to Kabul, for a girl there was no choice." This is how Zohra tells of her escape to Pakistan. "In Islamabad there are thousands of Afghans, without jobs, money, schooling. They are waiting. I heard about an association called Sant'Egidio that proposed humanitarian corridors. Among the refugees every news is a handhold to look forward to tomorrow. I began to feel better, to wait and hope again." The waiting ended on July 27, 2022, when she arrived legally in Italy by plane, thanks to humanitarian corridors. She easily learned Italian and is now attending university.

Mahfoud, refugee from Syria
After 13 years of war, what is left of Syria? According to the UN 500,000 casualties, 12 million refugees and 6 million internally displaced persons. Along with the rubble of many cities where Christians and Muslims used to cohabit, such as Aleppo.
Lots of refugees in Lebanon, Jordan, Turkey and several European countries. Like Mahfoud, from Maharda, population 23,000, near Idlib, who fled to Lebanon after a rocket hit his store. "In Beirut I was completely alone, I didn't feel like talking until I heard about the humanitarian corridors." "In Rome," he proudly tells everyone, "I found a job and got married. Now I too am a volunteer: to help those in need, as I have been, makes me feel good."

 

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