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DIS/INTEGRATION_CATANIA

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La mostra Dis/Integration dei Laboratori d'Arte di Sant'Egidio a Catania fino al 3 dicembre


Nella prestigiosa cornice del Dipartimento di Scienze Umanistiche dell'Università,

ha già attirato numerosi visitatori

È stata inaugurata l'8 novembre, a Catania, la mostra DIS/INTEGRATION, frutto del lavoro di artisti con diversi gradi di disabilità, dei Laboratori d’Arte di Sant’Egidio.

La mostra, frutto di un lavoro e percorso comune con César Meneghetti, curata da Alessandro Zuccari, prosegue così il suo cammino attraverso le istituzioni culturali italiane.  Dopo Sapienza di Roma, Terza Università e il Teatro Carlo Felice di Genova, l'allestimento è fino al 3 dicembre nella prestigiosa cornice del Monastero di San Nicolò l’Arena, oggi patrimonio mondiale dell’Unesco e sede del Dipartimento di Scienze Umanistiche dell'Università di Catania.

L’esposizione è incentrata sui temi delle fragilità e diseguaglianze, nonché dell’accoglienza e integrazione, legati anche a questioni di attualità come le migrazioni, la crisi climatica e ambientale, i conflitti e le loro drammatiche conseguenze, e, fra questi quello angosciante in corso in Ucraina e la grande sete di pace.


LA MOSTRA SARÀ APERTA TUTTI I GIORNI DALL' 08.11.23 AL 03.12.23
dal lunedì al sabato 8:00 - 19:30; domenica 9:00 -12:30

Visite guidate per gruppi e scuole (su prenotazione): info@santegidio.sicilia.it ; WhatsApp: +39 3478216449  

DIS/INTEGRATION_GENOVA

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Inaugurata a Genova, al Teatro dell'Opera Carlo Felice, la mostra DIS/INTEGRATION,

in concomitanza con la prima messa in scena della Tosca.
Un incrocio culturale voluto dalla città, dalla soprintendenza e la direzione artistica del Teatro.

Negli spazi espositivi dell’elegante foyer, come sulle sontuose scalinate, le opere dei laboratori d’arte di Sant’Egidio delineano i tratti di una società nuova dove le persone, specialmente i più fragili, sono poste al centro.

Nell’affollato incontro inaugurale sono intervenuti, oltre ad alcuni rappresentanti delle istituzioni e del mondo dell’arte, una delegazione di artisti con disabilità dei laboratori di Sant’Egidio e César Meneghetti, artista riconosciuto in ambito internazionale, che intreccia da oltre dieci anni la sua opera con quello dei laboratori.

 

Titolo                                          DIS/INTEGRATION MOSTRA / EXHIBITION

Quando                                       25 febbraio – 15 marzo 2023

Dove                                           TEATRO CARLO FELICE | spazi  espositivi del foyer

                                                    Passo Eugenio Montale, 4

INGRESSO GRATUITO

Orario visite                                dal lunedì al sabato 10:00 - 13:00; 15:00-18:00, la  domenica 15:00-18:00

INFO e prenotazioni visite:        La mattina solo per le scuole (su prenotazione) arte.santegidio@gmail.com  WhatsApp: 3472499344

Opere di                                      César Meneghetti con gli artisti dei Laboratori d’Arte di Sant’Egidio  + Leonardo Crudi, Elia Novecento, Sibomana
La mostra è a cura di                 Alessandro Zuccari

con la collaborazione di             Antonella Antezza, Cristina Cannelli, Antonella Sbrilli, Claudio Sagliocco, Paolo Mancinelli

Progetto allestimento               Simonetta De Cubellis, Cristina Cannelli

Allestimento                               Tagi 2000

Il grande successo di DIS/INTEGRATION al Rettorato dell'Università di Roma III

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«L’eleganza visiva delle vostre opere, povere e raffinate allo stesso tempo, è l’esecuzione felice di chi sa cos’è la bellezza. Il mondo ha bisogno di bellezza, abbiamo tutti bisogno di più laboratori e meno ambulatori.

Dis/Integration, il potere e la forza espressiva di questi artisti, sono un’offerta terapeutica accessibile a tutti.

n una società dove si vive perlopiù in piccole e grandi bolle di narcisismo, il vostro lavoro è la contromisura alle nostre difficoltà relazionali, alla pandemia dell’isolamento».

PAOLO VIRIZÌ

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«In un mondo che preferisce distruggere, perché ha disimparato il processo della creazione, questa mostra esprime un desiderio di Eterno.

Siamo eredi del pensiero del Novecento che ha rubricato spesso questo anelito come una vera e propria malattia, forte di una cultura che marginalizzava la fragilità,

il più delle volte medicalizzandola.

Eppure, se esiste un sinonimo di "umanità"

è proprio "fragilità"».

DANIELE MENCARELLI

La mostra DIS/INTEGRATION è un'esposizione incentrata sui temi delle fragilità e diseguaglianze,

nonché dell’accoglienza e integrazione.

Opere legate anche a questioni di attualità come le migrazioni, la crisi climatica e ambientale, i conflitti e le loro drammatiche conseguenze, e, fra questi anche quello angosciante in corso in Ucraina e la grande sete di pace.

Disegni, dipinti, installazioni, collage di parole testimoniano l’efficacia imprescindibile della dimensione del laboratorio creativo, capace di attivare percorsi di liberazione dal silenzio. Attraverso l’arte si esprime così un pensiero talvolta nascosto e una visione del mondo che suggerisce un’alternativa attuabile e condivisibile grazie al passaggio “dall’io al noi”.

César Meneghetti è un artista che lavora in ambito internazionale, sensibile alle questioni globali: partendo dall’esplorazione di storie e di vite apparentemente senza grandezza eppure capaci di suscitare connessioni, intreccia di nuovo la sua opera con quella dei Laboratori, dopo aver presentato alcuni suoi lavori alla Biennale di Venezia nel 2013, al MAXXI di Roma tra 2015 e 2016 e al Vittoriano, con la mostra exclusion/inclusion (www.inclusionexclusion.info), nel 2018-19.

DIS/INTEGRATION 

02.12.21 > 28.01.22

Laboratori d’Arte Comunità di Sant’Egidio

César Meneghetti

+ Leonardo Crudi

Elia Novecento

Antoine Sibomana

a cura di Alessandro Zuccari

Palazzo del Rettorato  Sapienza Università di Roma

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ESTERNO

La mostra DIS/INTEGRATION inizia dall’esterno con il lavoro di tre giovani artisti: Leonardo Crudi, Elia Novecento e Sibomana che sulla barriera che impedisce l’accesso allo scalone interpretano, ciascuno con il suo inconfondibile stile, l’invito

a superare le tante altre barriere esistenti.

Un fil rouge lega questi artisti, una sensibilità e un punto di partenza comune: la strada. Tutti e tre hanno mosso i primi passi nel graffitismo e proprio i muri esterni sono stati per anni il supporto dei loro alfabeti pittorici, tra lettering e writing.  Leonardo Crudi ed Elia Novecento non sono nuovi a collaborazioni con la Comunità di Sant’Egidio; lo scorso anno, infatti, hanno arricchito il Museo Laboratorio di Tor Bella Monaca lasciando due opere murali a simboleggiare l’impegno e l’attenzione di Sant’Egidio verso gli ultimi e i fragili. In continuità con quel sodalizio, hanno entrambi realizzato per questa mostra opere di grande impatto.

CONTRO OGNI BARRIERA, di Leonardo Crudi, manifesta l’opposizione a ogni forma di coercizione dei popoli.

Oltre un muro stilizzato fuoriescono due mani in segno di accoglienza, mentre il cineocchio, il Kinoglaz di Dziga Vertov (noto regista russo della prima metà del ‘900), documenta la vita e le difficoltà degli ultimi, rappresentati da due sottoproletari. Il cineocchio è un elemento ricorrente dell’opera e della sintassi figurativa di Crudi, derivato da una ricerca sul cinema d’avanguardia e sperimentale.


L’ILLEGGIBILE DIVENTA PLANISFERO UNICO è invece l’opera di Elia Novecento, che utilizza un registro e uno stile poetico e sognante. In questo caso prende ispirazione dai tappeti di guerra afghani, realizzati a partire dagli anni ’70 in Afghanistan per raccontare il dramma dell’occupazione sovietica, poi quello della resistenza Mujaheddin e infine dell’occupazione americana. Da questi tappeti riprende la geometrizzazione e la divisione degli spazi, che reinterpreta sulla barriera in un planisfero stilizzato.
Va sottolineato il legame particolare di quest’opera con Sant’Egidio, che attraverso corridoi umanitari ha consentito l’arrivo in  Europa di 4300 profughi provenienti da Libano, Etiopia, Grecia, Libia, e questa estate proprio dall’Afghanistan.


Il terzo artista coinvolto è Sibomana. La sua storia e il suo lavoro sono in perfetta sintonia con lo spirito della mostra. Nato a Bruxelles, ma vissuto per anni in Africa, tra Congo e Ruanda, Sibomana ha da sempre a cuore i temi dell’immigrazione e della pace, e le sue opere raccontano le storie dei migranti, che fotografa nei suoi viaggi e rielabora in ritratti tra il digitale e il pittorico.
Nella sua opera 
WALLS OF SHAME – muri della vergogna – uno stormo di uccelli che esce dalle mani si unisce in un'unica grande rondine che oltrepasserà il muro, a ricordarci che gli uccelli e gli altri animali non conoscono confini e barriere, sottolineando inoltre che non si dovrebbero proteggere i confini ma le persone.

Leonardo

Crudi

CONTRO

OGNI BARRIERA

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ATRIO
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Dall’esterno all’interno la bella ma assai rigida struttura piacentiniana del Rettorato subisce la trasformazione del colore e del senso della mostra: DIS/INTEGRATION parla sì di disintegrazione del nostro mondo, ma anche di resilienza e di futuro, indicato con  umiltà ma con forza da chi in genere non ha molto diritto di parola.


Nell’Atrio della Minerva si arriva salendo una rampa di scale sulle quali sono state poste frasi e pensieri estratti dalle discussioni che nei Laboratori hanno toccato temi diversi: fragilità e diseguaglianze, accoglienza e integrazione, questioni di attualità come le migrazioni, i conflitti e le loro drammatiche conseguenze.


Sono le parole che cantano, che salgono e scendono…amo tanto le parole…quelle
inaspettate…quelle che si aspettano golosamente, si spiano, finché a un tratto cadono.

Pablo Neruda, frammenti da "Confesso che ho vissuto".

Le parole sono le protagoniste della prima zona della mostra: una frase di Jonathan Sacks campeggia sul muro oltre la video installazione mentre un’operazione di restituzione storica e allo stesso tempo di invito al futuro è stata compiuta sul marmo giallo sottostante il tondo della Minerva di Mirko Basaldella (1910-1969): al posto della dedicazione fascista a Mussolini e al re, rimossa nel 1944, è possibile leggere una frase sull’amicizia di Erasmo da Rotterdam.

 

Un pannello blu supporta l’opera DIRITTI (NON) DATI, opera collettiva  di vari Laboratori: i disabili hanno studiato la Dichiarazione Universale dei diritti umani del 1948,  scelto e trascritto alcuni articoli e poi hanno cercato dati di attualità, per dire  come i diritti non siano dati a tutti.

Sollevando lo sguardo sopra le scale di accesso troviamo la tela GLI ESCLUSI, tecnica mista su tela.

L’autore, Roberto Mizzon inizia a lavorare con la ceramica in uno degli istituti dove viene ricoverato, bambino, tra gli anni ’60 e l’inizio degli anni ’80.

Una volta tornato in famiglia, frequentando i Laboratori d’Arte si accosta prima alla pittura, prediligendo la creazione di opere materiche, e poi alle installazioni. Predilige utilizzare materiale di recupero.

Questa opera in particolare è dedicata ai senza dimora e ai tanti “invisibili” che vengono tenuti ai margini della società.

I cartoni spesso utilizzati come giaciglio sono state posti dall’autore ai confini dell’opera.

L'AMICIZIA VALE PIÙ DI TUTTO

L'AMICIZIA

UN BENE NON MENO NECESSARIO

DELL'ARIA

DEL FUOCO, DELL'ACQUA

TANTO SOAVE CHE

SE TOGLI L'AMICIZIA

TOGLI IL SOLE

ERASMO DA ROTTERDAM

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VIDEOWALL

PER ASCOLTARE  Attiva l'audio direttamente sulla barra-player del video

I Laboratori negli anni si sono aperti al dialogo con artisti contemporanei, in particolare con César Meneghetti, un artista che lavora in ambito internazionale, sensibile alle questioni globali che egli intreccia alle storie e alle voci di chi sembra non contare molto. Nel 2010 ha avviato insieme ai Laboratori d’Arte il progetto I\O_IO È UN ALTRO dando vita a varie esposizioni, alla Biennale di Venezia nel 2013, al Maxxi nel 2015, al Vittoriano nel 2018.

 

In questa occasione, al Rettorato, la relazione tra l’artista e le persone prende la forma di una sua video installazione dove gli sguardi e le parole di uomini e donne fragili commentano le immagini del nostro inquieto mondo contemporaneo.

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PIANO SUPER

inclusion/exclusion

Salendo e leggendo altre frasi sulle scale di sinistra si arriva al piano superiore e al ballatoio. Subito incontriamo:

 

Tre tele di Michele Colasanti, giovane uomo con un leggero spettro autistico per esprimere con ironia il suo pensiero su diversità, omologazione e futuro del mondo: l’ultima tela infatti recepisce la storia/leggenda/monito secondo la quale gli abitanti deforestarono talmente l’isola da non poter sopravvivere essi stessi. Un piccolo ritratto a fumetto rivela il volto di Greta Thumberg che trova compagnia colorata in una manifestazione in alto a sinistra.

In questo dittico Arturo Maggio, riflette sui disastri nucleari di Chernobyl e di Fukushima. L’autore che si muove su una carrozzina ha studiato in particolare la tecnica che Hans Hartung iniziò a sperimentare quando, ferito in guerra, fu costretto all’uso della carrozzina: ad una certa distanza dalla tela spruzzando colore Arturo ha creato l’effetto di una pioggia radioattiva e, facendosi girare a più riprese la tela sul cavalletto, l'enorme onda di maremoto proveniente dall'Oceano Pacifico, generata dal sisma, che si abbatté sulla centrale nucleare di Fukushima Dai-ichi.

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FALL-OUT-PRYPIAT (CHERNOBYL), acrilico su tela e FUKUSHIMA, acrilico su tela.

L’artista Micaela Vinci, è sordomuta e comunica attraverso la CAA (comunicazione aumentativa alternativa). Ha realizzato negli anni una serie di dipinti il cui soggetto riguarda le città. Questa volta è Sana’a, la bellissima città semidistrutta dalla guerra che dal 2015 sconvolge lo Yemen, causando la più grande emergenza umanitaria con 4 milioni di sfollati e 2,3 milioni di bambini che rischiano di perdere la vita a causa della carestia.

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SANA’A- YEMEN, acrilico su tela.

I DISASTRI DELLA GUERRA, matita e china su carta.

Titolo e contenuto riprendono la raccolta delle 82 incisioni realizzate da Francisco Goya tra il 1808 e il 1820.

L’autrice, Marianna Caprioletti, le ha visionate  insieme ad immagini di guerre a noi contemporanee.

A volte ha lavorato riprendendo direttamente da Goya, a volte unificando in un unico disegno immagini di Goya e immagini fotografiche.

Nei Laboratori d'Arte di Sant'Egidio, Marianna ha elaborato una personalissima cifra stilistica: si appropria di forme istituzionalizzate del linguaggio artistico tradizionale, coniugandole con quelle del suo disegno, desacralizzandole, reinterpretandole e facendole proprie. Si  passa dalle opere  di grandi maestri, come  Giotto, viaggiando nel tempo e nelle correnti, da Leonardo a Picasso passando per Michelangelo, Raffaello, Renoir, Cezanne, Gauguin, fino a Munch, Klimt, Matisse, Chagall.

La sindrome di Pendred da cui è affetta,  le ha compromesso l’udito e l’espressione  verbale: si può comunicare con lei solo  attraverso gli occhi e le immagini. Marianna disegna da sempre, appena ne ha avuto la possibilità nella scuola per sordi frequentata fino alle medie inferiori. Preferisce la matita, che a volte sottolinea con la china. Un gruppo di suoi disegni è stato volto in negativo in questa occasione quasi fossero lastre pronte per l’incisione.

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INTEGRAZIONE, acrilico su tela.

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L’autrice, Patrizia Nasini, è donna sordomuta con una grande capacità espressiva e un senso vivace del colore e delle forme. I primi lavori, disegni e quadri realizzati con la tecnica del puntinismo, risalgono al 1988, quando è stata conosciuta vicino all’Idroscalo, ad Ostia e ha cominciato a frequentare i Laboratori d’Arte. Nel tempo è passata ad un naïf  sgargiante e, negli ultimi mesi ha compreso la bellezza di dipingere anche senza alcun soggetto. Lavora   su piccole tele astratte con un senso maturo del colore.

L'incontro con Sant’Egidio è stato per lei l'inizio di una nuova storia: una casa, il matrimonio, tanti amici.  La sua pittura, e in particolare questa sua ultima produzione racconta anche una serenità finalmente raggiunta dopo anni di vita difficile. 

16 OTTOBRE 1943, candele recuperate, rete su tele rovesciate.

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Ogni anno la Comunità di Sant’Egidio e la Comunità Ebraica organizzano una cerimonia in memoria della deportazione degli ebrei romani ad Auschwitz. Gli autori, Pino Vomero, Alvaro Antonelli, Antonio PadulaSandra Bonavolontà, recuperate le candele usate per la marcia, le hanno frammentate in 1017 pezzi, tanti quanti gli ebrei che quel 16 ottobre del ’43 furono razziati da Roma e deportati. 15 pezzi sono colorati in rosso e indicano gli uomini che tornarono. Uno solo è blu e rappresenta l’unica donna superstite, Settimia Spizzichino, che per tanti anni partecipò alla marcia della memoria. Una rete da pollaio racchiude le candele in due tele capovolte.

PACE AFRICANA, acrilico su cartone.

Annamaria Colapietro ha appreso l’uso di matita e pastelli in uno dei vari istituti in cui è stata ricoverata da bambina.

Nel 1992 comincia a frequentare i Laboratori d’Arte dove impara a utilizzare gli acrilici e scopre l’infinita gamma cromatica offerta dalla combinazione dei colori. Dipinge stendendo i colori a pennellate veloci su ogni tipo di supporto, presa dall’intima necessità di fissare ricordi, sentimenti, immagini.  In questa opera dal titolo “pace Africana” l’autrice ha steso il colore con le dita, così come predilige fare nel suo lavoro creativo.

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LA FATICA DELLA CREAZIONE, acrilico su tela.

Nel Laboratorio d’Arte Alessandro Adamo ha scoperto la passione per la pittura. Le tre tele in mostra sono riferite a tre delle sette tappe/giorni della creazione del mondo: per lui che ha una tetraparesi spastica il lavoro creativo non solo è fonte di grande fatica, come evidente nel video che lo ritrae, ma è anche e soprattutto una grande soddisfazione.

PRENDERSI CURA, Tecniche miste su tela.

In Italia chi si prende cura dei fragili (anziani o disabili) sono le donne: l’86%, spesso senza alcuna forma di sostegno.

Nella maggior parte dei casi sono costrette a rinunciare al lavoro e alla vita sociale, ma anche a curare la loro salute. Queste donne riempiono un vuoto di interventi domiciliari socio-sanitari. Gli autori, Barbara Piccinini e Roberto Mizzon, si sono dedicati l’una alle sagome umane, l’altro a dare matericità al mantello che ricorda quello della Madonna della Misericordia di Piero della Francesca. È anche un omaggio a quella “cultura della cura” di papa Francesco che sottolinea come questa sia “impegno comune, solidale e partecipativo per proteggere e promuovere la dignità e il bene di tutti”.

CORRIDOI UMANITARI, olio su tela

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L’opera, realizzata con oli su tela, è dedicata ai corridoi umanitari che hanno permesso a molti profughi di raggiungere l’Europa in sicurezza. Tra questi anche l’autore di questa tela, Abdullah Rahmani, proveniente dal campo di Moria (isola di Lesbo-Grecia). Durante un primo tentativo di raggiungere l’Europa attraverso la rotta balcanica, in seguito ad un incidente, il giovane ha subito l’amputazione di una gamba. In Afghanistan ha iniziato ad applicarsi al disegno e alla pittura, passione che ha ripreso a coltivare in Italia.

CONTENZIONE? tecniche miste.

L’opera, realizzata da Lamberto Cicchetti, Luca De Benedictis, Samanta Famiani, Paola Lanzellotto, Barbara Piccinini, vuole essere una finestra aperta su una questione tuttora inquietante e  viva. Una camicia di forza è costretta ad una griglia di legno con i lacci di contenzione oggi facilmente reperibili su Amazon e usati per pazienti psichiatrici ma anche per anziani in strutture chiuse e poco visitabili soprattutto in questo tempo di Covid 19. Alla fine degli anni ’50 Franco Basaglia iniziò, nel manicomio di Gorizia, ad eliminare la contenzione fisica, le terapie con elettroshock e i cancelli chiusi nei reparti, avviando il faticoso percorso che condusse alla legge 180 del 1978 e alla chiusura dei manicomi.
Oggi la contenzione ritorna come pratica routinaria soprattutto nei confronti di pazienti anziani, disabili e malati psichiatrici. Si tratta di un atto medico che viene giustificato come preventivo alle cadute o a gesti di lesionismo o autolesionismo, ma la letteratura evidenzia per esempio che chi cade da contenuto, si fa tre volte più male. La contenzione non risponde ad alcun bisogno medico, non aiuta a fare diagnosi, non cura, non è terapeutica, è disabilitante ed è causa di gravi complicanze.

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